Alleghiamo la sentenza della Corte EDU emessa nel caso Nitulescu c. Romania dello scorso 17 settembre.
La pronuncia affronta:
- il tema delle intercettazioni senza controllo giudiziale, autorizzate solo dal pubblico ministero rumeno e, cionostante, poste alla base della condanna inflitta dalla Hight Court, malgrado le due precedenti assoluzioni,
- il tema della necessità della audizione diretta dei testimoni da parte delle corti che giudicano non solo il diritto, ma anche il fatto (nulla rilevando che la pronuncia promani dal giudice di ultima istanza ovvero High Court of Cassation and Justice della Romania).
Il caso analizzato vede un rovesciamento delle precedenti (conformi) assoluzioni proprio da parte della High Court che rivaluta sia le dichiarazioni che le intercettazioni, esaminati nella sola dimensione cartolare)
I giudici di Strasburgo richiamando le pronunce che hanno ritenuto che il pubblico ministero rumeno fosse privo dei requisisti di indipendenza ed imparzialità dall’esecutivo ritengono che le intercettazioni poste a base dell’overturning (peraltro valutate nella sola dimensione cartolare) non erano state autorizzate né in via preventiva che successiva da un giudice indipendente e, dunque, non rispettavano le garanzie convenzionali.
Anche gli altri elementi posti a base della “rivalutazione” delle prove effettuata dalla High Court rumena non rispettavano le garanzie della CEDU. Ancora una volta infatti i contenuti dichiarativi accusatori posti a base del rovesciamento delle decisioni dei precedenti giudici non erano state valutate nella dimensione orale, ma solo in quella cartolare.
Dalla lettura della pronuncia si coglie inoltre, con particolare evidenza la “natura casistica” della giurisdizione della Corte europea dei diritti umani e la sua attenzione alla equità del processo nel suo complesso, senza cedimenti verso alcun formalistico rispetto di “principi”.
S.R.