Ispezione - Corte EDU, Sez. I, 19 maggio 2022, L.F. c. Hungary, n. 621/14

Violazione dell’art. 8 C.e.d.u. – Vita privata e familiare – Nessuna base giuridica per le ispezioni dell’abitazione del ricorrente svolte da autorità comunali

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto la violazione dell’art. 8 C.e.d.u. da parte dell’Ungheria in quanto il ricorrente aveva subito un’ispezione nella propria casa in modo illegale e, quindi, in violazione del diritto alla vita privata e familiare e le autorità ungheresi non avevano indagato adeguatamente su tale questione.
La Corte EDU ha rilevato che qualsiasi provvedimento, se non è diverso nelle sue modalità di esecuzione e nei suoi effetti pratici da una perquisizione, equivale, indipendentemente dalla sua caratterizzazione nel diritto interno, a un’ingerenza nei diritti dei ricorrenti ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione. Pertanto, per essere giustificata ai sensi dell’art. 8 § 2 C.e.d.u., qualsiasi ingerenza nella vita privata e familiare deve essere conforme alla legge, perseguire uno degli scopi legittimi elencati ed essere necessaria in una società democratica (§ 70).
La legge deve essere adeguatamente accessibile e prevedibile, cioè formulata con sufficiente precisione da consentire al soggetto – se necessario con opportuna consulenza – di regolare la propria condotta, nonché indicare con sufficiente chiarezza l’ambito della discrezionalità conferita alle autorità competenti e le modalità con cui viene esercitata (§ 67). L’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e familiare deve quindi fondarsi su una “legge” che garantisca adeguate tutele contro l’arbitrio. L’effettuazione di ispezioni e perquisizioni deve, inoltre, essere circoscritta a procedure ufficiali per poter essere conforme all’art. 8 C.e.d.u. (§ 78). Infine, affinché possa definirsi conforme agli standard dell’art. 8 C.e.d.u., lo svolgimento di atti di ingerenza di questo tipo deve necessariamente essere documentato in apposito verbale (§ 72). Nel caso specifico, invece, le parti erano in disaccordo sulla legge applicabile e sull’esistenza di una base giuridica ai sensi del diritto interno.
La Corte e.d.u. ha, inoltre, osservato che l’autorità giudiziaria interna, pur avendo respinto i ricorsi del ricorrente, aveva rilevato che le disposizioni richiamate dalle autorità comunali procedenti erano inapplicabili al caso del ricorrente e che, quindi, queste ultime non erano legittimate ad effettuare un’ispezione basata su tali disposizioni, non avendo poi le stesse nemmeno provveduto alla redazione del verbale.
Lo Stato ungherese è stato condannato al pagamento della cifra di euro 4.000 nei confronti degli eredi del ricorrente a titolo di equa soddisfazione per il danno morale subito.