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Nel caso analizzato, Hakka c. Finlandia, la Corte di Strasburgo ha ritenuto che, pur essendo certa l'identità dei fatti che avevano dato vita ai procedimenti e che le sanzioni applicate potessero (pacificamente) essere qualificate come penali, non poteva essere riconosciuta la violazione del principio del ne bis in idem in quanto il ricorrente, dopo il passaggio in giudicato della sentenza penale emessa all'esito del procedimento conclusosi per primo, non aveva in alcun modo evidenziato l'evento-giudicato nei procedimenti amministrativi pendenti che, inesorabilmente, giungevano a conclusione.
Osserva la Corte che: "when the second set of proceedings became final, in the first set of proceedings the time-limit for rectification and subsequent appeal against the tax surcharge decisions was still open to the applicant"; il che avrebbe consentito una reazione del ricorrente, il quale invece era rimasto inerte (osserva la Corte che "the applicant had a real possibility to prevent double jeopardy by first seeking rectification and then appealing within the time-limit which was still open to him").
In estrema sintesi: la Corte non ha accolto il ricorso in quanto censura l'inerzia del ricorrente, il quale, avendo la possibilità di impedire che i procedimenti amministrativi divenissero definitivi dopo il passaggio in giudicato della sentenza penale, non aveva attivato i rimedi processuali disponibili. Assistiamo, ancora una volta, alla valorizzazione del comportamento processuale dell'imputato al quale è richiesto di avvalersi attivamente dei diritti disponibili nel corso delle vicende processuali nazionali prima di dolersi dell'infrazione dinanzi al giudice europeo. La mancata fruizione dei diritti disponibili viene intesa dalla Corte come una sorta di rinuncia tacita che impedisce il riconoscimento tardivo dell'infrazione di fronte alla Corte dei diritti umani.
S.R.