La permanenza all’aperto nel regime speciale ex art. 41-bis ordin. penit. non è comparabile con quella del regime detentivo ordinario, quanto alle modalità concrete di svolgimento, perché consente una socialità delimitata, fruita dal detenuto in un gruppo di persone molto ristretto (non più di quattro, e quindi anche tre o due), opportunamente selezionato dall’amministrazione penitenziaria. Ciò che pregiudica lo scopo del regime speciale è l’eventuale errore di selezione del gruppo di socialità, non la quantità di tempo che un gruppo, ben scelto, può passare nei cortili. Il divieto di stare all’aperto oltre la seconda ora, mentre comprime, in misura ben maggiore del regime ordinario, la possibilità per i detenuti di fruire di luce naturale e di aria, nulla fa guadagnare alla collettività in termini di sicurezza, determinando quindi un improprio surplus di punizione. Nemmeno, infine, potrebbe individuarsi un diverso limite in quello di due ore al giorno, stabilito per i detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare (art. 14-quater, co. 4, ordin. penit.), in quanto esso ha natura disciplinare, applicabile ai detenuti che si ritiene possano gravemente compromettere la regolarità della vita d’istituto, e non può essere esteso in via analogica ai ristretti nel differente regime speciale, per i quali deve quindi trovare applicazione il regime ordinario.
Clicca qui per leggere la nota di commento a cura di B. Onofrj.