Giungono dalle Sezioni unite della Corte di cassazione le motivazioni della decisione assunta all’udienza del 28 gennaio 2019 in tema di obbligatorietà della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello, qualora il secondo giudice intenda riformare un verdetto assolutorio fondato sulle valutazioni del consulente tecnico, ritenute decisive.
Il quesito formulato con l’ordinanza di rimessione, infatti, prendeva atto del disorientamento giurisprudenziale sul punto, poiché accanto a decisioni più aderenti al dato europeo che promuove l’obbligatorietà della rinnovazione in ogni caso di rivalutazione della prova dichiarativa si contrapponevano opinioni opposte e restrittive, che facendo leva sulla natura non strettamente dichiarativa della deposizione del consulente tecnico o del perito, in uno con accenti sul carattere tecnico e scientifico del tipo di prova che da essa emerge, giungevano alla contraria soluzione di legittimare la rivalutazione cartolare della deposizione a contenuto tecnico-scientifico, decisiva in primo grado per il verdetto assolutorio, al fine della riforma in appello con condanna dell’imputato.
I Giudici hanno riconosciuto che, anche in questo caso, la modalità processuale con cui garantire il rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio sulla formazione della prova, nella accezione europea, non trova più sufficiente conforto negli strumenti a suo tempo individuati dalle Sezioni unite Andreotti (prima) e Mannino (poi), quali il principio del contraddittorio cartolare e l’obbligo di motivazione rafforzata, che rappresentavano una soglia di tutela non conforme a quella fissata a Strasburgo e parametrata sui principi di oralità ed immediatezza nella valutazione di attendibilità della prova dichiarativa, anche se ad alto contenuto di specializzazione come quella del consulente o del perito.
Pertanto, risolvendo la questione preliminare circa la natura di tale tipo di prova ed in contrasto con il minoritario orientamento, secondo cui la deposizione del consulente tecnico o del perito non può definirsi una vera e propria prova dichiarativa per il tenore tecnico e scientifico dei contenuti, le Sezioni unite hanno optato per il diverso e maggioritario convincimento, chiarendo che anche la deposizione del consulente tecnico o del perito rappresenta una piena prova dichiarativa e, come tale, deve rispettare il regime di oralità e immediatezza, oltre che di tutela del contraddittorio, già affermato dalla Corte europea con la sentenza Dan c. Moldavia e successivamente recepito, non senza difficoltà, dalle Sezioni unite Dasgupta e Patalano, fino a giungere alla riforma che ha introdotto l’art. 603, co. 3-bis c.p.p.
La Corte d’appello, dunque, una volta verificato il carattere decisivo della valutazione del perito o del consulente tecnico per l’assoluzione in primo grado, ove ritenga di dover apprezzare nuovamente la deposizione tecnico-scientifica per formulare un diverso verdetto, deve necessariamente rinnovare l’istruzione e disporre l’audizione del consulente tecnico o del perito, trattandosi di piena prova dichiarativa.
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