Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Diritto di difesa – Perquisizione personale e confisca – Assenza di sindacato giurisdizionale sulle misure di ottenimento di prove (Corte di giustizia UE – Corte di giustizia UE – Quarta Sezione – sentenza 7 settembre 2023, C‑209/22, AB e Rayonna prokuratura Lovech

Mariangela Montagna

Pubblicato il 25 settembre 2023

Questioni pregiudiziali:
«1. Se i casi in cui, in sede di indagine su un reato connesso al possesso di sostanze stupefacenti, sono stati adottati provvedimenti coercitivi sotto forma di perquisizione personale e confisca a carico di una persona fisica che la polizia suppone essere in possesso di siffatte sostanze ricadano nell’ambito di applicazione delle direttive 2012/13 UE e 2013/48 UE.
2. In caso di risposta affermativa alla prima questione, quale sia lo status di tale persona ai sensi di dette direttive qualora il diritto nazionale non contempli la figura giuridica dell’“indagato” e l’“imputazione” della persona non avvenga mediante notifica ufficiale, e se a tale persona debba essere riconosciuto il diritto all’informazione e il diritto di avvalersi di un difensore.
3. Se il principio di legalità e il divieto di arbitrarietà ammettano una disposizione nazionale come quella dell’articolo 219, paragrafo 2, del codice di procedura penale, ai sensi del quale l’autorità inquirente può formulare l’atto di imputazione a carico di una persona anche nel quadro della redazione del verbale sul primo atto investigativo compiuto a suo carico qualora la legislazione nazionale non contempli la figura giuridica dell’“indagato” e, in base alla stessa, i diritti della difesa sorgano solo a partire dalla formulazione ufficiale dell’“imputazione”, rimessa, a sua volta, alla discrezionalità dell’autorità inquirente, e se una siffatta procedura nazionale leda l’esercizio effettivo e l’essenza del diritto di avvalersi di un difensore ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2013/48.
4. Se il principio dell’efficacia del diritto dell’Unione ammetta una prassi nazionale in base alla quale il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti coercitivi finalizzati all’acquisizione di prove, compresa la perquisizione personale e la confisca disposte nel corso del procedimento istruttorio, non consente di verificare se sia stata commessa una violazione sufficientemente qualificata dei diritti fondamentali garantiti all’indagato e all’imputato dagli artt. 47 e 48 della Carta, nonché dalle direttive 2012/13 e 2013/48.
5. Se il principio dello Stato di diritto ammetta disposizioni e una giurisprudenza nazionali ai sensi delle quali il giudice non ha il potere di esaminare l’imputazione di una persona, benché proprio ed esclusivamente da tale atto formale dipenda il riconoscimento dei diritti della difesa a favore di una persona fisica quando nei suoi confronti sono disposti provvedimenti coercitivi per finalità di indagine».
Giudizio della Corte:
1) L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, nonché l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari,
devono essere interpretati nel senso che:
tali direttive si applicano a una situazione in cui una persona, sulla quale esistono informazioni secondo cui essa è in possesso di sostanze illecite, è sottoposta a perquisizione personale nonché a una confisca di tali sostanze. Il fatto che il diritto nazionale non contempli la nozione di «indagato» e che tale persona non sia stata ufficialmente informata di rivestire la qualità di «imputato» è al riguardo irrilevante.
2) L’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13 UE e l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 UE, letti alla luce degli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
devono essere interpretati nel senso che:
essi non ostano a una giurisprudenza nazionale secondo la quale il giudice investito, in forza del diritto nazionale applicabile, di una domanda di autorizzazione a posteriori di una perquisizione personale e della conseguente confisca di sostanze illecite, disposte nell’ambito della fase istruttoria di un procedimento penale, non è competente ad esaminare se i diritti dell’indagato o dell’imputato, garantiti dalle citate direttive, siano stati rispettati in tale occasione, purché, da un lato, detta persona possa far constatare in seguito, dinanzi al giudice investito del merito della causa, un’eventuale violazione dei diritti derivanti da queste direttive e, dall’altro, tale giudice sia allora tenuto a trarre le conseguenze da una siffatta violazione, in particolare per quanto riguarda l’irricevibilità o il valore probatorio degli elementi di prova ottenuti in tali condizioni.
3) L’articolo 3 della direttiva 2013/48 UE
deve essere interpretato nel senso che:
esso non osta a una normativa nazionale che prevede che un indagato o un imputato possa essere sottoposto, nell’ambito della fase istruttoria di un procedimento penale, ad una perquisizione personale e alla confisca di beni illeciti, senza che tale persona goda del diritto di avvalersi di un difensore, purché dall’esame di tutte le circostanze rilevanti risulti che tale accesso a un difensore non è necessario affinché detta persona possa esercitare i propri diritti della difesa in modo concreto ed effettivo.