Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Modifica della qualificazione del reato – Obbligo di informare tempestivamente l’imputato – Esercizio effettivo del diritto di difesa – Equità processuale (Corte di giustizia UE – Quarta sezione – sentenza 9 novembre 2023 – C-175/22, BK)

Pubblicato il 9 novembre 2023

Questione pregiudiziale:

Un tribunale penale specializzato bulgaro ha proposto un rinvio pregiudiziale vertente sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, nonché dell’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico di BK per fatti inizialmente qualificati come concussione nell’imputazione formulata dal pubblico ministero, ma per i quali il giudice del rinvio prevede di adottare la qualificazione come truffa o come traffico di influenze illecite.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2012/13 debba essere interpretato nel senso che osta a una giurisprudenza nazionale che consente a un giudice che si pronuncia nel merito di un procedimento penale di adottare una qualificazione giuridica dei fatti contestati diversa da quella inizialmente adottata dal pubblico ministero, qualora la nuova qualificazione non sia tale da comportare l’applicazione di una pena più severa, senza informare preventivamente l’imputato della nuova qualificazione prospettata e, pertanto, senza offrirgli la possibilità di esercitare i diritti della difesa in modo concreto ed effettivo in relazione al nuovo reato in tal modo contestato.

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 3 e 7 della direttiva 2016/343 nonché l’articolo 47, secondo comma, della Carta debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che consente a un giudice che si pronuncia nel merito di un procedimento penale di adottare, di propria iniziativa o su proposta dell’imputato, una qualificazione giuridica dei fatti contestati diversa da quella inizialmente adottata dal pubblico ministero, anche nel caso in cui tale giudice abbia informato tempestivamente l’imputato della nuova qualificazione prospettata, in un momento e in condizioni che gli hanno consentito di predisporre efficacemente la propria difesa, e abbia quindi offerto a tale persona la possibilità di esercitare i diritti della difesa in modo concreto ed effettivo in relazione alla nuova qualificazione così adottata

Giudizio della Corte:

L’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali dev’essere interpretato nel senso che:

osta a una giurisprudenza nazionale che consente a un giudice che si pronuncia nel merito di un procedimento penale di adottare una qualificazione giuridica dei fatti contestati diversa da quella inizialmente adottata dal pubblico ministero senza informare tempestivamente l’imputato della nuova qualificazione prospettata in un momento e in condizioni che gli consentano di predisporre efficacemente la propria difesa e, pertanto, senza offrire a tale persona la possibilità di esercitare i diritti della difesa in modo concreto ed effettivo in relazione a tale nuova qualificazione. In questo contesto, non assume alcuna rilevanza la circostanza che detta qualificazione non sia tale da comportare l’applicazione di una pena più severa rispetto al reato per il quale la persona era inizialmente perseguita.

Gli articoli 3 e 7 della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, nonché l’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che:

non ostano a una normativa nazionale che consente a un giudice che si pronuncia nel merito di un procedimento penale di adottare, di propria iniziativa o su proposta dell’imputato, una qualificazione giuridica dei fatti contestati diversa da quella inizialmente adottata dal pubblico ministero, purché tale giudice abbia tempestivamente informato l’imputato della nuova qualificazione prospettata, in un momento e in condizioni che gli hanno consentito di predisporre efficacemente la propria difesa, e abbia quindi offerto a tale persona la possibilità di esercitare i diritti della difesa in modo concreto ed effettivo in relazione alla nuova qualificazione così adottata.