La vendita di mascherine protettive, da parte di un operatore commerciale, ad un prezzo irragionevolmente elevato è una condotta suscettibile, in astratto, di integrare gli estremi del delitto di cui all’art. 501 bis c.p.: si tratta, infatti, di un’azione che rientra nel concetto di “manovra speculativa”, avente ad oggetto “beni di prima necessità”, realizzata “nell’esercizio di un’attività commerciale”.
Tuttavia, è necessario verificare se la condotta posta in essere, in considerazione delle dimensioni dell’impresa, della quantità delle merci vendute e della possibile influenza sui comportamenti degli altri operatori del settore, possa tradursi in un rincaro dei prezzi generalizzato o, comunque, diffuso; in caso contrario, essa si rivela insuscettibile di incidere sul “mercato interno” o, quantomeno, sul “mercato locale” (inteso come un’ampia zona del territorio dello Stato), dunque non in grado di ledere la “pubblica economia” (quindi di influire sulla “situazione economica generale”), non rientrando nell’alveo applicativo del delitto previsto dall’art. 501 bis c.p. (fattispecie in cui è stato escluso che la vendita, da parte di un singolo ed isolato dettagliante, di circa 2.000 mascherine protettive ad un prezzo ingiustificatamente elevato possa integrare il delitto di manovre speculative su merci).
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