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Ai fini dell’accertamento della violazione dell’art. 3 CEDU, suscettibile di essere risarcito ai sensi dell’art. 35-ter, l. 26 luglio 1975, n. 354 (c.d. ordinamento penitenziario), il giudice deve considerare molteplici fattori, tra cui quello delle concrete condizioni detentive e, in particolare, la possibilità per il detenuto di una prolungata permanenza all’esterno della camera di detenzione, fattore che ben può controbilanciare l’accertata detenzione in spazi di poco inferiori a 3 mq.
L’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Venezia qui in rassegna si segnala tra le prime che inaugurano quel percepibile revirement della giurisprudenza di merito che segue la pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo sul caso Mursic c. Croazia (Sez. I, 12 marzo 2015, n. 7334/13, in questa Rivista, con nota di F. FIORENTIN, Il vaso di Pandora scoperchiato: la violazione dell’art. 3 CEDU per (mal)trattamenti detentivi tra accertamento “multifattoriale” e giurisprudenza europea. Appunti a margine della sentenza Corte EDU, 12 marzo 2015, Muršič c. Croazia). La pronuncia europea supera l’indirizzo per cui l’accertamento della restrizione di un detenuto in superfici vivibili inferiori a 3 mq, costituisce automatica violazione dell’art. 3 CEDU, dando diritto al corrispondente risarcimento stabilito dall’art. 35-ter ord. penit., per affermare, invece, l’esigenza - già prospettata dalla dissentig opinion del giudice italiano Zagrebelsky nella sentenza Corte eur. dir. uomo 16 luglio 2009, Sulejmanovic c. Italia, ric. n. 22635/03 - di ponderare il fattore “spaziale” con l’insieme delle altre condizioni detentive. Ad un accertamento fondato unicamente sul criterio geometrico si sostituisce, in altri termini, un approccio multifattoriale, che pondera tutte le caratteristiche del trattamento penitenziario cui il soggetto è stato in concreto sottoposto, nel cui ambito l’insufficienza dello spazio detentivo disponibile induce soltanto una strong presumption in ordine alla sussistenza della violazione comunitaria, non sufficiente di per sé a far ritenere pienamente accertata la dedotta violazione dell’art. 3 CEDU. Alla luce di tale orientamento, sembra assumere consistenza la tesi per cui oggetto del procedimento ex art. 35-ter è il complessivo livello del trattamento dispensato dall’amministrazione al detenuto, laddove la questione dello spazio personale a disposizione del singolo detenuto costituisce un elemento che va collocato nel più ampio contesto del regime penitenziario concretamente applicato al ricorrente, in un’accezione, peraltro, assai ampia, che può arrivare a comprendere – come ricorda la Corte edu - l’assegnazione del detenuto ad una struttura detentiva del tutto inadeguata (Corte eur. dir. uomo, Sez. I, 13 luglio 2013, A. F. c. Grecia, n. 53709/11, §§ 71-80). Un ulteriore profilo di interesse è rappresentato dalla possibilità che la “rilevante presunzione” di sussistenza della violazione convenzionale associata a spazi detentivi inferiori a 3 mq può essere vinta da elementi di controbilanciamento relativi al trattamento penitenziario praticato nei confronti del detenuto, soprattutto in caso di «brevi e occasionali piccole restrizioni dello spazio personale necessario, unite alla sufficiente libertà di movimento ed a sufficienti attività svolte al di fuori delle celle ed all’assegnazione ad una struttura detentiva adeguata» (Corte eur. dir. uomo, 12 marzo 2015, Muršič c. Croazia, cit.). La pronuncia del Magistrato di sorveglianza di Venezia assume particolare interesse poiché valorizza, nel ponderare tutti i fattori rilevanti nel caso di specie, il comportamento positivo dell’Amministrazione penitenziaria che, inaugurando, con la Circolare del 13 luglio 2013, un regime di ampia permanenza dei detenuti all’esterno delle camere di detenzione (mediamente, consistente in 8 ore di permanenza all’esterno), ha contribuito a mitigare la sofferenza generata dalla forzata restrizione delle persone detenute in spazi individuali di poco inferiori ai 3 mq. al punto da far venire meno la intrinseca gravità del pregiudizio subito dal ricorrente e, in ultima analisi, il diritto al risarcimento del danno. (F.F.)