Pubblicato il 25 settembre 2023
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto violato da parte dell’Italia l’art. 2 (sostanziale) C.e.d.u. per non avere le autorità interne adeguatamente tutelato il diritto alla vita di una persona, morto per overdose mentre era in questura sotto la custodia della polizia, in ragione delle sue condizioni di vulnerabilità psicofisica.
I ricorrenti hanno adito la Corte di Strasburgo poiché il Sig. Ainis, loro familiare, è deceduto per overdose mentre era in questura sotto la sorveglianza della polizia che lo aveva arrestato.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha accolto le argomentazioni proposte dai ricorrenti ritenendo violato l’art. 2 C.e.d.u. nella sua componente sostanziale di tutela del diritto alla vita.
Il giudice sovranazionale ha affermato che le autorità italiane avevano informazioni sufficienti per reputare il Sig. Ainis una persona in condizione di particolare vulnerabilità rispetto al detenuto medio. Invero, gli agenti di polizia avevano riferito che lo stesso aveva manifestato fin dal momento dell’arresto un comportamento tendente all’autolesionismo e che le sue condizioni psicofisiche erano compromesse in ragione di una probabile intossicazione da farmaci o da sostanze stupefacenti. A tal proposito il Sig. Ainis era stato trovato in possesso di cocaina e aveva dei precedenti penali legati al traffico illecito di stupefacenti.
Alla luce di tali circostanze, la Corte europea ha chiarito che le autorità interne avrebbero dovuto assumere nei suoi confronti un obbligo di diligenza rafforzato, adottando delle precauzioni maggiori al fine di tutelarne la salute e l’integrità fisica (§ 58). Per contro, il Sig. Ainis non ha ricevuto alcuna visita medica tra il momento del suo arresto e quello della morte (§ 60).
Né è stato dimostrato chiaramente dal Governo che il detenuto sia stato tenuto sotto efficace sorveglianza durante tutto il periodo di detenzione. In proposito, è emerso che il verbale di perquisizione a cui era stato sottoposto il Sig. Ainis non riguardava quest’ultimo, bensì un’altra persona arrestata nella medesima operazione di polizia. Pertanto, non vi sono elementi probatori da cui si possa desumere che l’indagato fosse stato tenuto sotto controllo nelle due ore e mezzo successive alla perquisizione e all’arresto (§ 61).
La Corte di Strasburgo ha precisato che se, da un lato, gli obblighi positivi devono essere interpretati in modo da non imporre un onere sproporzionato alle autorità statali, come quello di tenere sotto costante osservazione ogni singolo detenuto, dall’altro lato, gli elementi di cui erano a conoscenza gli organi inquirenti avrebbero dovuto comportare una maggiore attenzione da parte degli stessi (§ 64).
In definitiva, è stata riscontrata la violazione dell’art. 2 C.e.d.u. nella sua parte sostanziale per non aver prestato le autorità italiane un’adeguata e ragionevole protezione al Sig. Ainis (§ 65).
L’Italia è stata condannata al pagamento a favore dei ricorrenti di euro 30.000 per quanto riguarda il danno morale e di euro 10.000 per costi e spese;
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