Pubblicato il 10 dicembre 2022
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto violato l’art. 3 C.e.d.u. da parte dell’Ucraina per trattamenti inumani e degradanti per aver le autorità interne sottoposto un detenuto in sciopero della fame, poiché in protesta contro il trattamento carcerario, ad alimentazione forzata, mentre le autorità interne avrebbero dovuto effettuare un’indagine approfondita sulle denunce circa il trattamento carcerario.
La Corte EDU ha preliminarmente chiarito che le autorità interne possono sottoporre ad alimentazione forzata un detenuto in sciopero della fame, ma solo qualora ciò risulti necessario in base alle condizioni di salute dello stesso, dovendo comunque le autorità statali fornire adeguata dimostrazione di tale necessità (§ 42).
Inoltre, la Corte europea ha affermato che le autorità interne non possono rimanere inerti in casi di questo tipo, dovendo invece provvedere a verificare le condizioni psico-fisiche del soggetto, nonché ad individuare le ragioni che hanno mosso il detenuto a scioperare (§ 43).
Nel caso specifico, l’operato delle autorità interne è risultato insufficiente a garantire i principi di cui all’art. 3 C.E.D.U. in quanto il giudice interno aveva disposto l’alimentazione forzata del ricorrente sulla base di quanto affermato dal capo dell’unità medica del carcere, senza però approfondire le incongruenze che erano emerse (§ 48). Infatti, secondo i sanitari se, da un lato, era necessario provvedere a tale alimentazione forzata per salvaguardare la salute del soggetto, dall’altro, le condizioni di salute del ricorrente non giustificavano un ricovero in ospedale e, inoltre, lo stesso era stato ritenuto in grado di presenziare all’udienza in tribunale (§ 47).
I giudici di Strasburgo hanno, altresì, evidenziato la carenza di normative volte a regolamentare l’utilizzo di tale potere di disporre l’alimentazione forzata da parte delle autorità del carcere alle quali viene riconosciuta una totale discrezionalità (§ 49).
Pertanto, preso atto di ciò ed evidenziato che diversi detenuti dello stesso carcere avevano sollevato vari reclami sulle vessazioni che gli stessi dovevano subire, la Corte europea, accogliendo le argomentazioni del ricorrente, ha affermato che l’ordine di alimentazione forzata potrebbe aver avuto come fine quello di reprimere le proteste dei vari detenuti (§ 50).
Alla luce di tanto, la Corte europea ha ritenuto non rispettati i principi di cui all’art. 3 C.E.D.U. da parte dell’Ucraina (§ 51), riconoscendo al ricorrente, alla luce del trattamento inumano e degradante subito, la corresponsione della cifra di euro 12.000 a titolo di danni morali.
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