Violazione art 6 § 1 C.e.d.u. (penale) – Accesso ad un tribunale – Onere sproporzionato -Inammissibilità appello presentato a suo nome dal marito senza tener conto di altri elementi (Corte EDU, Sez. V, 2 febbraio 2023, Rocchia c. Francia, n. 74530/17).

Pubblicato il 7 marzo 2023

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto violato l’art. 6 § 1 C.e.d.u. da parte della Francia per non avere le autorità interne consentito alla ricorrente un accesso effettivo alla giustizia in quanto non è stato effettuato un approfondito esame sulla possibilità che l’omessa procura speciale in sede di atto di appello fosse addebitabile o meno ad errore del cancelliere.

La ricorrente, condannata a due anni di reclusione per reati di evasione fiscale, aveva proposto atto di appello, presentato presso la cancelleria del tribunale francese ad opera del marito.
L’autorità giudiziaria francese aveva rigettato l’impugnazione dichiarando inammissibile l’atto di appello poiché presentato in mancanza di una procura speciale. In particolare, la Corte di Appello interna, richiamando la giurisprudenza di legittimità francese, aveva rammentato la necessità in capo all’organo giudicante di dover verificare la sussistenza, al momento della presentazione dell’atto, del potere di impugnare da parte dell’imputato o del suo procuratore speciale (§ 12). Ciò in quanto in sede di gravame la sentenza di condanna può anche subire modifiche peggiorative per il reo e poiché, più in generale, risponde ad esigenze di certezza del diritto.
Presentato ricorso a Strasburgo, la ricorrente lamentava la violazione dell’art. 6 § 1 C.e.d.u. sostenendo che il marito aveva depositato una procura speciale unitamente all’atto di appello.
La Corte EDU ha accolto le doglianze presentate. Le eventuali limitazioni all’accesso alla giustizia, invero, devono corrispondere a tre parametri per risultare proporzionate (§ 23). In particolare, è necessario valutare se tali limitazioni fossero o meno prevedibili per l’impugnante, se gli errori commessi durante il procedimento abbiano avuto degli effetti sul diritto ad impugnare e, infine, se le restrizioni comportino un eccessivo formalismo.
Sotto il primo profilo, il giudice sovranazionale ha valutato sufficientemente prevedibili le limitazioni previste dall’art. 502 del codice di procedura penale francese (§ 25).
Per quanto concerne gli ulteriori criteri, la Corte EDU ha ritenuto provata, in quanto non contestata dal Governo francese, l’affermazione della ricorrente secondo cui suo marito aveva depositato una procura speciale per impugnare (§ 28).
Per contro, le autorità interne si erano limitate a rilevare l’assenza di tale atto, non avendo reputato necessario lo svolgimento di un esame maggiormente approfondito sul punto. Pertanto, i giudici di Strasburgo hanno affermato che non è possibile, alla luce delle emergenze probatorie, stabilire se nel caso de quo l’assenza dell’atto di procura speciale fosse ascrivibile ad un mero smarrimento del documento o se, invece, fosse addebitabile ad un’omissione del cancelliere (§ 29).
Analogamente, non è stata ritenuta conforme alle garanzie di cui all’art. 6 § 1 C.e.d.u. l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza interna, atteso che non ha consentito alla ricorrente di poter fornire – per altra via – la prova della sussistenza della legittimazione ad impugnare da parte del marito (§ 30).
In definitiva, la Corte europea ha ritenuto violato l’art. 6 § 1 C.e.d.u. (§ 34), in quanto le limitazioni al diritto di accesso alla giustizia sono risultate sproporzionate, condannando, così, lo Stato francese alla corresponsione della somma di 15.000 euro a favore della ricorrente a titolo di danno morale.