Violazione art. 6 § 1 C.e.d.u.- Insussistenza – Assoluzione in primo grado – Giudizio d’appello: condannato in ordine alle statuizioni civili – Mancata assunzione testimonianze - L’equità complessiva del procedimento non è stata alterata (Corte EDU, Sez. I, 15 giugno 2023, Roccella c. Italia, n. 44764/16)

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto non sussistere la violazione da parte dell’Italia dell’art. 6 § 1 C.e.d.u. in un caso di condanna sopraggiunta in secondo grado ma soltanto ai fini civili, dopo un’assoluzione adottata all’esito del giudizio di primo grado. Le dichiarazioni testimoniali non sono state riassunte in secondo grado, ma la Corte EDU ritiene che l’equità complessiva del procedimento non sia venuta meno a fronte del regolare contraddittorio instaurato presso il giudice di prime cure.

Mariangela Montagna

Nel caso specifico, il ricorrente era stato sottoposto a procedimento penale per il delitto di ingiuria dinanzi al giudice di pace e all’esito del giudizio era stato assolto. Nel corso dell'udienza erano stati ascoltati due testimoni dell'accusa, e due testimoni della difesa. All’assoluzione si giungeva in quanto le prove raccolte durante l'udienza non erano considerate tali da giustificare una condanna penale oltre ogni ragionevole dubbio.
Avverso tale decisione proponeva appello la parte civile (mentre l’impugnazione del pubblico ministero era stata dichiarata inammissibile ai sensi degli artt. 592 e 608 c.p.p. sul rilievo che lo stesso avrebbe dovuto proporre ricorso in cassazione). All’esito del giudizio d’appello, il tribunale affermava, ha accolto il ricorso della parte civile e ha condannato il ricorrente al risarcimento dei danni nei confronti della persona ingiuriata, con importo da determinare dal giudice civile competente. Le dichiarazioni dei testimoni dell'accusa sono state ritenute perfettamente credibili.
Il ricorrente ricorreva in cassazione lamentando la mancata riassunzione delle testimonianze che avevano condotto alla sua condanna per le statuizioni civili in violazione dei principi sanciti dalla pronuncia Dan. c. Moldavia. Tuttavia, la S.C. respingeva il ricorso poiché si limitava a richiedere una nuova valutazione delle prove e dei fatti accaduti.
Successivamente, il ricorrente presentava le proprie doglianze dinanzi alla Corte di Strasburgo lamentando la violazione dell’art. 6 § 1 C.e.d.u.
Il giudice sovranazionale ha anzitutto chiarito che le garanzie inerenti all’equità processuale in sede civile non sono del tutto sovrapponibili a quelle del giudizio penale, osservando che i §§ 2 e 3 dell’art. 6 C.e.d.u. non vengono espressamente richiamati anche per le questioni civili (§ 45). Tuttavia, alcuni dei valori fondamentali quali il canone del contraddittorio e della parità delle armi trovano un’applicazione generalizzata sia nel giudizio penale, sia in quello civile (§ 46).
Per quanto concerne più nello specifico le prove dichiarative, la Corte europea ha affermato che il mancato accoglimento di una richiesta testimoniale non costituisce di per sè una violazione al diritto di difesa, qualora sufficientemente motivato. Tale decisione risulta arbitraria laddove comporta una sproporzionata limitazione alla parità delle armi (§ 47).
A sostegno delle proprie ragioni, il ricorrente ha richiamato la giurisprudenza sovranazionale secondo cui il giudice di appello, a fronte di una pronuncia assolutoria di primo grado, è tenuto ad ascoltare direttamente i testimoni, valutandone la credibilità (Dan. c. Moldavia, n. 8999/07, 5 luglio 2011, § 33; Hanu c. Romania, 10890/04, 4 giugno 2013; Lorefice c. Italia, n. 63446/13, § 43, 29 giugno 2017; Di Martino e Molinari c. Italia, nn. 15931/15 e 16459/15, 25 marzo 2021).
Sennonché, la Corte di Strasburgo ha chiarito che detti principi non trovano applicazione con riguardo alle questioni civili ove non vige il criterio dell’oltre ogni ragionevole dubbio e la valutazione delle prove risponde a regole maggiormente flessibili (§ 50).
Invero, a parere dell’organo sovranazionale, durante il giudizio di primo grado erano state assunte le testimonianze presentate sia dall’accusa che dalla difesa ed il ricorrente aveva avuto la possibilità di contro-esaminare e, più in generale, di introdurre nell’istruzione dibattimentale le prove contrarie (§ 51).
In definitiva, il giudice sovranazionale non ha riscontrato la violazione dell’art. 6 § 1 C.e.d.u. in quanto il ricorrente non ha subito delle restrizioni al principio del contraddittorio e di argomentare e proporre prove per difendersi (§ 52-55).