Pubblicato il 27 ottobre 2023
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha riscontrato la violazione dell’art. 8 della Convenzione europea da parte della Slovacchia poiché il ricorrente, sottoposto ad intercettazioni, ma non in qualità di indagato, non ha mai potuto contestare la validità del relativo provvedimento autorizzativo.
Il caso riguarda la registrazione delle conversazioni telefoniche a cui il ricorrente è stato sottoposto nell’ambito di un'indagine penale che non lo riguardava direttamente. In effetti, dal provvedimento di autorizzazione delle intercettazioni è emerso come quest’ultimo fosse sottoposto a captazione solo perché era in contatto con la persona effettivamente oggetto di indagine.
Concluse le indagini nel 2007 senza che nessuno fosse stato sottoposto ad accusa, il materiale intercettato è stato trattenuto dalla polizia ed utilizzato nel 2017 nell’ambito di una nuova indagine in cui il ricorrente aveva questa volta la qualità di indagato.
Il ricorrente ha fatto ricorso alla Corte suprema e alla Corte costituzionale interna lamentando l’inutilizzabilità delle intercettazioni nell’ambito dell’indagine a suo carico. Esperiti i rimedi interni senza successo, si è quindi rivolto alla Corte di Strasburgo che ha accolto il ricorso.
Ripercorrendo i suoi precedenti, la Corte e.d.u. ha ricordato che le conversazioni telefoniche rientrano nelle nozioni di “vita privata” e di “corrispondenza” ai sensi dell’art. 8 C.e.d.u., che il loro controllo costituisce un'ingerenza nell'esercizio dei diritti di cui all’art. 8 e che tale ingerenza è giustificata ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo solo se è “conforme alla legge”, persegue uno o più scopi legittimi da quel individuati ed è “necessaria in una società democratica” al fine di raggiungere lo scopo o gli scopi suddetti (§ 41).
La Corte e.d.u. ha rilevato che nel caso di specie è pacifico che le conversazioni telefoniche del ricorrente rientravano nell'ambito del suo diritto al rispetto della vita privata e della corrispondenza e che la registrazione, l’archiviazione e la conservazione del materiale intercettato costituiva un’ingerenza in tale diritto (§ 42).
Per quanto riguarda il requisito di conformità alla legge (art. 8 § 2 C.e.d.u.), è necessario che la misura impugnata abbia qualche fondamento nel diritto interno, che sia compatibile con lo Stato di diritto e accessibile all'interessato, il quale deve, inoltre, essere in grado di prevederne le conseguenze. A tal riguardo, è stato rilevato che, qualora un potere sia esercitato in segreto, i rischi di arbitrarietà sono evidenti. Pertanto, il diritto interno deve essere sufficientemente chiaro per fornire ai singoli un'indicazione adeguata circa le circostanze e le condizioni al sussistere delle quali le autorità pubbliche hanno il potere di ricorrere a tali misure. Inoltre, la Corte e.d.u. ha riconosciuto che, poiché l’attuazione pratica delle misure di sorveglianza segreta delle comunicazioni non è soggetta al controllo delle persone interessate o del pubblico in generale, sarebbe contrario allo Stato di diritto il potere discrezionale concesso all'esecutivo o al giudice da esprimersi in termini di potere illimitato. Di conseguenza, la legge deve indicare la portata di tale discrezionalità conferita alle autorità competenti e le modalità del suo esercizio con sufficiente chiarezza per garantire all'individuo un'adeguata protezione contro ingerenze arbitrarie. Inoltre, in considerazione del rischio che un sistema di sorveglianza segreta per la protezione della sicurezza nazionale possa minare o addirittura distruggere la democrazia sotto il pretesto di difenderla, la Corte e.d.u. deve accertare che esistano garanzie contro gli abusi adeguate ed effettive. Questa valutazione dipende da tutte le circostanze del caso, quali la natura, la portata e la durata delle possibili misure, i motivi necessari per disporle, le autorità competenti ad autorizzarle, eseguirle e controllarle, e il tipo di rimedio previsto dal diritto nazionale (§ 43).
Nel caso sottoposto al suo scrutinio, la Corte europea ha rilevato che il ricorrente, in quanto persona non sottoposta ad indagini, non è mai stato messo nella condizione di prendere visione del provvedimento autorizzativo delle intercettazioni e di contestarlo. Invero, il meccanismo giuridico specificamente previsto dal codice di procedura penale interno per la tutela dei diritti delle persone colpite dalle misure di intercettazione telefonica è stato negato al ricorrente in considerazione del suo status di persona colpita in modo casuale dalla misura.
Alla luce di queste argomentazioni, la Corte e.d.u. ha concluso che l’ingerenza nel diritto del ricorrente al rispetto della sua vita privata e della sua corrispondenza non è stata accompagnata da garanzie adeguate ed effettive contro gli abusi. Di conseguenza non è stata conforme alla legge ai fini dell’art. 8 § 2 C.e.d.u. e, dunque, vi è violazione di quella norma.
La Slovacchia è stata condannata al pagamento della somma complessiva di euro 2.600 a favore del ricorrente a titolo di ristoro economico per il danno morale subito.
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