Pubblicato il 25 gennaio 2023
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha riscontrato una violazione degli artt. 8 e 10 C.e.d.u. da parte della Russia per avere le Autorità interne eseguito nei confronti dei ricorrenti, tutti giornalisti di professione, una perquisizione ed un sequestro illegittimi, violando così il diritto al rispetto della vita privata e la libertà di espressione giornalistica.
Nel caso di specie, il provvedimento di perquisizione e sequestro contestato è stato eseguito nell’ambito di un procedimento penale volto ad accertare la sussistenza di alcuni illeciti finanziari in cui i ricorrenti non hanno rivestito alcun ruolo processuale. Durante la perquisizione, sono stati sequestrati oggetti personali appartenenti ai giornalisti – tra cui un e-book, un telefono cellulare, carte bancarie, chiavette USB, micro-cassette audio, CD e computer portatili – che, al momento della decisione, non sono stati restituiti ai proprietari (§ 19).
Poiché nei confronti dei ricorrenti non è mai stata mossa alcuna accusa, i giornalisti sostenevano che tale ingerenza fosse del tutto ingiustificata e che si risolvesse in una violazione del loro diritto al rispetto della vita privata e della libertà di espressione giornalistica, rispettivamente tutelati dagli artt. 8 e 10 C.e.d.u.
La Corte EDU ha ritenuto fondate le doglianze dei ricorrenti. È stato ricordato che una perquisizione costituisce una violazione dell'articolo 8 C.e.d.u. a meno che non sia "conforme alla legge", persegua uno o più degli scopi legittimi di cui all'articolo 8 § 2 C.e.d.u. e sia "necessaria in una società democratica" per raggiungere tali obiettivi (§ 37).
I giudici di Strasburgo hanno osservato come i ricorrenti non fossero accusati o sospettati di alcun reato e che che la loro abitazione sia stata perquisita in relazione a un procedimento penale contro terzi in cui i ricorrenti non avevano alcuno status procedurale (§ 39).
Nel dettaglio, il verbale di perquisizione […] indicava che lo scopo della perquisizione era quello di scoprire e sequestrare qualsiasi documento contenente informazioni sui fondi ricevuti dai proprietari di diverse società off-shore. Poiché i ricorrenti non erano sospettati di alcun comportamento criminale, la Corte di Strasburgo ha ritenuto che la polizia abbia esercitato una illimitata discrezionalità nel determinare quali oggetti e documenti dovevano essere sequestrati. Sulla base di tale portata eccessivamente ampia, l'investigatore ha rimosso molteplici oggetti personali appartenenti ai ricorrenti. Tale sequestro indiscriminato non può essere considerato “necessario in una società democratica” (§ 42). Pertanto, detta interferenza non può dirsi in linea con i requisiti dell'articolo 8 § 2 C.e.d.u. (§ 43) e costituisce una violazione della libertà di espressione giornalistica (§ 44).
Sulla base di queste argomentazioni, la Corte EDU ha accordato la somma di 29.000 euro a favore dei ricorrenti a titolo di ristoro per il danno morale subito.
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