Minori che commettono reati, “attrazione fatale”: dai processi mediatici al “Decreto Caivano”, di A. Marziale

I giovani di oggi, soprattutto se minorenni, sono sotto la lente d’ingrandimento dei mass media. Schiere
di opinionisti e giornalisti li sbeffeggiano, li giudicano, li condannano. È strano che questa retorica provenga proprio da quelle generazioni che hanno consegnato ai figli e ai nipoti un mondo allo sbando. In barba a leggi, protocolli e regolamenti che dovrebbero tutelare i minori “deviati” dalla sovraesposizione mediatica e, dunque, da gogne che precedono e accompagnano i processi penali, i mezzi d’informazione nutrono l’opinione pubblica di una paura tautologica, fondata più sulle percezioni generate dagli stessi media che su rilievi statistici – culminata nel “Decreto Caivano” – che invoca pene più severe, ma stride con una fra le più importanti conquiste della giurisprudenza, costituita dalla “rieducazione” e non solo in ambito minorile.

Minors who commit crimes, "fatal attraction": from media trials to the "Caivano Decree".

Today’s young people, especially minors, are under the magnifying glass of mass media.
So many opinion leaders and journalists deride them, judge them, condemn them.
It is strange that this rhetoric comes from the generations that handed over a world in disarray to their children and grandchildren.
In spite of the laws protocols and regulations that have to protect minors deviated from media overexposure and the pillories that precedes and accompanies criminal trials, the media feed public opinion with a tautological fear based more on perceptions generated by the media themselves than on statistical findings – culminating in the ‘Caivano Decree’ – which calls for harsher punishments and screech with one of the most important achievements of jurisprudence, constituted by ‘re-education’, and not only in the juvenile field.